Il 4 maggio 2025, poco dopo la sconfitta interna con l’Atalanta, che ha condannato il Monza matematicamente alla Serie B, è venuto a parlare Mauro Bianchessi, direttore sportivo (DS) di AC Monza. Un po’ a sorpresa, vista la prassi di far parlare gli allenatori a fine gara. Come però, a buona ragione, ha chiarito il direttore stesso, “Era giusto che venisse il direttore della squadra. […] C’è la Serie B e quindi è giusto che venga un rappresentante della società”.
In quest’editoriale, vorrei fare un’analisi di alcune delle parole pronunciate da Bianchessi. Andando con ordine, inizio con le prime dichiarazioni appena arrivato in conferenza (durata complessivamente 10 minuti). Inizia così:
“Da domani mattina ci sederemo a un tavolo con il dottor Galliani per preparare una squadra forte, molto forte per poter vincere il prossimo campionato di Serie B e portare di nuovo il Monza in Serie A. Questo però non può cancellare i quattro anni (considerando la grande cavalcata della Serie B che ha portato il Monza per la prima volta in Serie A). Quest’anno è l’anno storto. Ho fatto un’analisi e guardando la classifica di Serie A, le prime undici squadre sono almeno 10 anni che non retrocedono. Quindi, la retrocessione riguarda le ultime nuove squadre. […] La volontà è di sedersi a un tavolo e preparare una squadra forte per essere protagonisti della prossima stagione, anche se in questo momento c'è grande amarezza.”
Quel “molto” alla seconda riga sa di una promessa, come a voler rimarcare che l’intenzione è quella di seguire una linea precisa per l’anno prossimo, pur rimanendo nel vago circa i giocatori in scadenza di contratto e il futuro di molti altri. Poco dopo, però, dice di costruire una squadra “forte per essere protagonisti della prossima stagione”. Il che fa intendere, stando alle parole del direttore sportivo del Monza, che l’intenzione sia attrezzare una squadra per arrivare al primo o al secondo posto di campionato, o quantomeno tra le più forti. La dichiarazione in sé ci sta e serve a rassicurare l’ambiente dopo una retrocessione che rischia di essere la peggiore nella storia della Serie A con soli 15 punti. Ma la domanda più grande rimane: come si fa a preparare una squadra forte, con tutta l’incertezza che avvolge l’estate calda del club? Questo rimane un vero mistero.
Vediamo cosa dice Bianchessi in merito alle possibili cause della retrocessione del Monza. Continua così il direttore sportivo biancorosso:
“Secondo me non c'è una causa. Ci sono tante concause. Quella che balza all'occhio è l’incredibile numero di infortuni, perché avevamo una media di 7 giocatori sempre indisponibili per tutte le partite di campionato. Io sfido chiunque, Inter, Milan, Napoli, Juve ad avere sempre 7-8-9, siamo arrivati anche a 10 giocatori infortunati per ogni partita.”
Prima di tutto, queste concause non vengono nominate, al di fuori degli infortuni sopra citati. Ma la domanda che sorge subito spontanea è: Di chi è la colpa degli infortuni? Una risposta banale è che è casuale, una cosa fortuita. I giocatori non scelgono volontariamente di infortunarsi, perlomeno quando non ci sono strategie di mercato ben precise per passare ad un’altra squadra. Un’altra risposta è che colpa delle strutture: i campi, le attrezzature, la preparazione atletica o altro ancora, comunque qualcosa di fisico. E in questo caso, in cui rientra la maggior parte degli infortuni, la colpa ricade su chi le ha messe a disposizione, vale a dire la proprietà. Certo, sicuramente gli infortuni hanno pesato sulla stagione. Penso all’assenza di Pessina per mesi, su tutti. Ma la verità è che gli infortuni come causa primaria della retrocessione da parte di Bianchessi servono a coprire il valore di una rosa che, a livello di giocatori e di gioco espresso in campo fin qua, non era all’altezza di rimanere ancora un anno in Serie A. Bianchessi probabilmente cita gli infortuni come prima causa per ammortizzare la situazione, facendo notare subito la cosa più ovvia e più intuitiva, ossia il numero elevato di giocatori che non ha potuto aiutare la squadra a salvarsi. Andrebbe poi guardato con occhio critico chi fossero questi infortunati, ma non è questo l’editoriale giusto per farlo.
L’inviata di Sky Silvia Vallini fa poi una domanda circa la volontà della società di continuare a tenere la squadra, al di là di crearne una forte per l’anno prossimo. Questa è la risposta del direttore sportivo:
“Mah, la proprietà ha la volontà di fare una squadra forte. Questo è quello che vi posso assicurare. Poi che io sappia attraverso i giornali che il Monza in vendita anche questo non so attraverso noi. Però io posso e vi garantisco che la proprietà non ci ha mai fatto mancare nulla. La retrocessione non è a causa della proprietà, è una concausa di situazioni che dovremmo valutare. Non qua, ma nella sede opportuna a campionato finito. Ma la Fininvest non ci ha mai fatto mancare (inflessione della voce per la prima volta) e non ci stanno facendo mancare mai assolutamente nulla e questo ve lo posso garantire.”
Analizziamo questa serie di negazioni in riferimento a Fininvest. Perché il bisogno di ripeterlo per ben quattro volte? C’è una regola diffusa soprattutto nella psicologia forense, nella programmazione neuro-linguistica (PNL) e nelle tecniche di analisi della menzogna, che può aiutarci. La regola può essere riassunta grosso modo così:
Ripetere una negazione più volte in una frase (es. “Non ho fatto niente, non ho preso nulla, non ho nemmeno visto niente”) può indicare un tentativo inconscio di nascondere o mascherare la verità.
Questo comportamento viene interpretato come un eccesso di negazione: chi mente spesso tende a voler convincere più che spiegare, e usa più negazioni del necessario, nel tentativo di prendere le distanze da un comportamento che in realtà potrebbe aver avuto. Questa idea viene anche utilizzata in ambiti investigativi, ma va sempre presa con cautela: non è una prova definitiva di menzogna, ma solo un possibile indizio che merita approfondimento. Ripeto, non è una prova definitiva, ma un indizio di quello che ci sta dicendo Bianchessi. Ed io credo che quello che sta cercando di dire velatamente è che la proprietà abbia delle evidenti responsabilità, a cominciare dal rumoroso silenzio da parte di Adriano Galliani e di Fininvest, che dimostra un’assenza totale di interesse per l’attuale situazione del Monza, con una mancanza di idee sul futuro, al momento.
Bianchessi poi parla del mercato di gennaio:
“Il rammarico di retrocedere è fortissimo, però per il mercato di gennaio vi avevo detto che il mercato sarebbe stato improntato sui punti. A gennaio eravamo ultimi, oggi siamo ultimi. I giocatori che hanno richieste da squadre di Champions League o Europa League, non riesci a tenerli. Se li obblighi a restare, diventano controproducenti. Se andate a vedere quello che vi ho detto, il mercato lo fanno i punti. I punti che dovevamo fare e che non sono arrivati. Da domani, lo ripeto, dobbiamo sederci a un tavolo, perché questa è la volontà del dottor Galliani che è il primo ad essere dispiaciuto, di fare una squadra forte per vincere, vincere (respiro) per portare la squadra in Serie A.”
“Non riesci a tenerli”, come a dire “Noi non abbiamo potuto fare niente per impedire che andassero via”. Quando, come ha ribadito anche Massimo Canta proprio in una domanda a Bianchessi in conferenza, e sono d’accordo su questo punto, la squadra è stata smantellata a gennaio. Probabilmente sapendo che le chance di salvarsi erano ormai diventate troppo basse. Poi non sappiamo quanto realmente i club interessati ai giocatori del Monza (Atalanta, Milan, Fiorentina per dirne alcuni) abbiano insistito. Quello che è certo è che una volta andati via da Monza, il loro rendimento è stato quantomeno dubbio. Maldini è stato più di un mese infortunato e comunque non ha trovato grande spazio nella squadra di Gasperini al momento. Djuric ha finito la stagione per un trauma distorsivo al ginocchio destro, per poi ritornare per qualche raro accenno a giocare partite nel Parma. Pablo Marì è l’unica eccezione, ma ha giocato solo dalla 27° alla 35° giornata per 90 minuti fissi. Bondo ha giocato solo 162 minuti da quando è passato al Milan, contando anche i vari infortuni.
Il DS risponde poi a una domanda Galliani, portata da Federico Ferrario. La prima parte della frase non è chiara e Bianchessi fa fatica a rispondere, come se stesse cercando il modo migliore di togliersi da una situazione scomoda. Queste le parole testuali:
“Perché il dottor Galliani non abbia parlato è perché anch’io stesso allora può riferirlo, riferirlo anche a me.”
Poi arriva la “spiegazione” del silenzio di Adriano Galliani, subito dopo:
“Perché abbiamo lasciato spazio agli interpreti, da chi andava in campo agli gli allenatori, perché era giusto così.”
Io questo “abbiamo lasciato spazio agli interpreti” lo considero come un “abbiamo preferito che fossero altri a parlare”. Il che equivale a una mancata presa di responsabilità da parte di Adriano Galliani. Ma non risponde comunque alla domanda sul perché l’AD abbia smesso di fare dichiarazioni e perché, soprattutto, non sia comparso in un momento tanto difficile per la società monzese. Serve solo a spostare il focus dell’attenzione e ad evitare il punto della domanda di Ferrario.
Chiudo con la mia domanda: “Lei pensa davvero che la proprietà non abbia nessuna responsabilità per questa retrocessione?”. Questa è la risposta di Bianchessi:
“Ascolti, quando si retrocede non c'è mai un colpevole. Torno a dire che sono tante le concause di questa retrocessione, che andranno comunque analizzate alla fine del campionato. Bisogna ripartire e far sì che non si ripeta.”
Quell’”ascolti” iniziale mi fa intendere un fastidio, con il bisogno di ribadire quanto già stato detto prima senza dover chiarire ulteriormente in merito alle reali cause della retrocessione. Come a voler dire che è già stato detto tutto e che non è possibile dire altro. Analizzando bene queste parole, è evidente come Bianchessi non abbia risposto alla mia domanda. Io non ho chiesto se la proprietà fosse l’unico colpevole, ma se avesse delle responsabilità. Ed io, dalla risposta del direttore sportivo, intuisco che qualche responsabilità ce le abbia eccome, ma che non sia l’unica. E in questo sono assolutamente d’accordo. La proprietà non è la sola colpevole. Ma ciò non vuol dire che Fininvest non c’entri assolutamente niente con la retrocessione. Né che non possa avere le colpe maggiori per questa disastrosa stagione di, ormai, ex Serie A.
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