Ibrahimovic al Monza, un sogno che potrebbe presto diventare realtà, titolano i giornali in questi ultimi giorni dopo le dichiarazioni pesanti dello svedese. Boutade di mercato, pura suggestione o davvero c'è qualcosa di concreto? Per capirlo bisogna partire da lontano, cercando di entrare nella testa di un giocatore, di un grande campione che a 40 anni vuole ancora continuare ad essere determinante.

Partiamo dal Milan. Zlatan, questo pare essere ormai cosa certa, lascerà i rossoneri a fine stagione. Un Milan, quello di Gazidis e non più di Maldini, che non ha mai sentito veramente suo. Pensava lo scorso dicembre, quando Boban fece di tutto pur di riportarlo in rossonero, che la storia ricominciasse da dove bruscamente si era interrotta nell'estate 2012 e se in campo è stato, almeno parzialmente, così, fuori si è reso subito conto che quel Milan a cui era rimasto visceralmente legato ormai non esisteva più. Tutto è ormai cambiato, Galliani Berlusconi non ci sono più, quello scudetto vinto a Roma, le notti di Champions, sono soltanto ricordi. Il passato glorioso, di una squadra zeppa di campioni di cui Ibra era la stella più luminosa, non è altro che qualche foto appese alle pareti e nulla più. E' cambiata la società, è cambiato chi la guida, è cambiata la filosofia del club, sono cambiate le ambizioni e gli obiettivi. E' un Milan giovane, povero, che a parole vorrebbe anche tornare grande ma che nei fatti si accontenta di arrivare settimo. Nulla a che vedere con ciò che c'era prima. Ma che ci faccio qua? Ha pensato più volte Ibra. 

Avrebbe già mollato se non fosse stato per Pioli e Maldini, dopo il lockdown se ne sarebbe rimasto tranquillamente in Svezia. Alla fine è tornato soltanto per rispetto nei confronti della maglia e di chi lo ha rivoluto ma soprattutto per dimostrare a tutti di poter vincere anche questa ultima sfida, riportare il Milan in Europa. 12 partite e poi stop. Perché lui non piace a Gazidis e ancor meno a Rangnick e loro non piacciono a lui. Il profeta tedesco ha messo il veto, disdegna giocatori del genere, lo sostituirà con un Schick qualunque, utile al suo sistema, al suo modo di fare calcio.

Ognuno, allora, andrà per la sua strada, senza troppi ringraziamenti.

E poi? In Asia farebbero carte false pur di averlo ma Ibra no, non accetterà di diventare un fenomeno da baraccone. Lui non può essere un leone da circo. Ci sarebbe l'Hammarby, squadra di cui detiene il 50% delle azioni, che potrebbe permettergli di chiudere la carriera tornando a vincere in patria. 

Oppure...oppure potrebbe esserci, per l'ultimo grande progetto della sua vita calcistica il suo Milan, non più rossonero ma biancorosso. il Monza. "Galliani mi ha detto che a 11 km da Milano c’è il mio vero Milan. Mi piace, così ragiona un direttore sportivo. Dev’essere insistente, deve farti capire che ti vuole a tutti i costi”. Ed è proprio questo aspetto che stuzzica più di tutti il campione. Scendere in Serie B non sarebbe un problema, l’importante è competere e vincere, avere un ruolo da leader. Adriano, dirigente che lo conosce meglio di tutti, sta facendo leva proprio su questo aspetto, mettendogli sul piatto un progetto biennale di cui lui è il perno centrale. 

Non è questione di soldi, a quest'età Ibra va in cerca del contratto remuneroso. Per continuare cerca stimoli e il Monza è lo stimolo più grande ci sia ad oggi. Partire dal basso e portare la squadra in A, un'impresa che resterebbe per sempre nella storia, che per la Brianza intera varrebbe più di una Champions.

Ci sta pensando, Galliani lavora sotto traccia. Per ora è un sogno ma presto potrebbe diventare realtà.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 14 luglio 2020 alle 09:18
Autore: Stefano Pontoni
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