Nella notte (prima) degli esami, nel cuore della città eterna cantata da Antonello Venditti, il Monza fallisce l’esame di maturità e viene rimandato a settembre (il 5 è in programma il match casalingo con l’Atalanta).
Altra battuta d’arresto per i brianzoli, la quarta consecutiva in quattro gare. Frenata che certifica falle di natura filosofica, concettuale e identitaria all’interno della squadra. Gli infortuni e le crepe strutturali della rosa non possono essere un deterrente, una facile scorciatoia, ma un ‘point break’ da cui trarre spunti di riflessione e analisi, aggiustando la rotta e correggendo la modalità di guida. È inevitabile che, in questo momento, al Monza serva cambiare marcia, andamento, mentalità. Perché il tempo, beffardo, inizia inevitabilmente a comprimersi come in un film di Christopher Nolan e, partita dopo partita, diventa preda degli avvoltoi (il western di Nando Cicero insegna – Il tempo degli avvoltoi, 1967). Meglio evitare che tutto ciò accada, prima che sia troppo tardi.
Il mantra deve essere “work hard, play hard”, ma alla teoretica deve corrispondere la pragmatica. Mister Stroppa, confermato dalla società dopo il poker di KO, ha in mano un compito delicato e complesso, quello di tirare fuori la squadra dalle sabbie mobili e convertire l’energia negativa in positiva. Come? Affidandosi alla semplicità e all’immediatezza delle idee, dei dettami, delle pratiche di gioco. Perché nella partita dell’Olimpico, al netto di un buon avvio, sono emerse alcune evidenze. In primo luogo, davanti all’abbaglio iniziale che ha innescato il gol del vantaggio di Dybala, i biancorossi hanno subito un contraccolpo psicologico e non sono riusciti a reagire. In secondo luogo, la perseveranza nel giro palla, caposaldo della genetica calcistica di Stroppa, non produce i risultati sperati così come lo scorso anno in B. É un dato di fatto e bisogna prenderne atto. Il principio di un ‘tiki taka’ asfittico e sterile, poco rivolto alla verticalità, ma propenso alla custodia “cautelare” del pallone, allo smistamento in orizzontale e al basso ritmo, non è quello che occorre al Monza in questo momento, soprattutto se la condizione degli effettivi e i meccanismi tra i reparti non sono ottimali. Gli errori individuali, determinanti e decisivi sulle sconfitte, continuano a ripetersi; vanno limitati mantenendo alto il livello di guardia e concentrazione.
Contro la Roma la difesa brianzola è apparsa sincopata e disunita, in palese difficoltà nei posizionamenti e in fase di non possesso, mentre il centrocampo, con un Sensi in calo e a corto di benzina rispetto al match con l’Udinese, un Pessina non ancora brillante e un Machin a tratti fumantino, non ha mai dato la sensazione di poter impensierire gli opposti giallorossi. Alla linea intermedia – è bene ribadirlo - vanno aggiunti centimetri e chili: fisicità, resistenza, intensità, atletismo sono elementi cruciali per mantenere un assetto equilibrato e gestire le due fasi, fare densità e filtro per la difesa, coadiuvare la manovra in attacco. Davanti, invece, manca imprevedibilità e cattiveria agonistica.
Petagna e Caprari, mai pericolosi, non hanno ancora trovato la sintonia e i sincronismi ideali: il primo sempre distante dall’area avversaria ed estraneo al gioco, il secondo, seppur in crescita, alla ricerca di una collocazione tattica nuova (diversa da quella tenuta a Verona dove partiva più esterno per poi accentrarsi e fraseggiare sullo stretto con il centravanti) e in adattamento.
A livello corale mancano coesione e propensione al sacrificio, maggior dialogo tra i reparti e attenzione, quello spirito solidale da “uno per tutti, tutti per uno” valido tra i moschettieri. Chi ha calcato palcoscenici importanti e conosce bene la categoria deve salire in cattedra mettendo carisma e leadership a disposizione dei compagni. E su questo, siamo certi, capitan Pessina risponderà presente.
Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Senza mollare o demordere, senza abbattersi o lasciarsi abbacchiare dalle sconfitte. Le batoste prese, con 2 gol all’attivo e 11 al passivo, lasciano tanti dubbi ma anche qualche spiraglio di luce, forti del fatto che si può, e si deve, solo migliorare. Un percorso al contrario non è ammesso. Le ore del Condor si avvicinano, le sorprese potrebbero essere dietro l’angolo. Dopo l’ottimo colpo di Rovella in mediana, qualche altro innesto di esperienza andrebbe a completare il “roster” offrendo al mister più soluzioni e alternative. Dunque, chi ha tempo non perda tempo. Con la convinzione giusta e a caccia dei primi punti (forse proibitivi, chissà) contro la Dea.
Fiduciosi, sempre.
Autore: Redazione Tuttomonza
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