Giovanni Stroppa, allenatore del Monza, è uno dei protagonisti dell'ultimo episodio de "La Giovane Italia", programma in onda su Sky Sport: "Lasciando perdere l'Under 21 e la soddisfazione di aver indossato per 4 volte la maglia della Nazionale maggiore, ho fatto parte dell'Under 14 e dell'Under 20. Qui a Monza rinunciai addirittura a un Mondiale per poter giocare nell'anno in cui vincemmo il campionato di Serie C. La maglia della Nazionale, le prime volte che la indossi, ti sembra di vivere in un film, non è un qualcosa di "normale". Era un sogno, ti sembrava di vivere qualcosa di irreale".

Sul "suo" Milan: "Era una squadra composta da almeno 6-7 giocatori del settore giovanile, che avevano iniziato dagli Esordienti. Mi riferisco a Baresi, Costacurta, Maldini, Albertini, io, Evani... Erano altri tempi, è vero, ma quella è stata una delle più forti al mondo di tutte le epoche".


Su Mazzitelli: "È un taciturno, è il leader tecnico. È silenzioso, ma ha un buon piglio e un buon feeling con la squadra e con il gioco. Sa stare molto bene in campo, è cresciuto tantissimo: lui usciva dal settore giovanile della Roma, era ancora acerbo sotto certi aspetti. L'ho ritrovato molto più maturo, non soltanto caratterialmente, ma anche nel modo di stare in campo. Penso che possa ricoprire più ruoli in mezzo al campo. Mio figlio ha voluto la sua maglietta, ora guai se lo dovessi mettere in discussione! ride, ndr In questo momento, purtroppo, arriva da un periodo di inattività, è stato "costretto" a giocare tante partite consecutive, non è nella sua massima espressione e condizione. Io da giovane ero molto estroverso, mi prestavo bene all'ambiente romano: Luca è un romano atipico, molto preciso, educato, rispettoso, taciturno, si prestava bene all'ambiente rigido di Bolzano, fatto di regole. Penso che nelle prime esperienze ci siamo trovati nei posti giusti per quello che poteva essere il nostro aspetto caratteriale".

Sulle prime esperienze da professionista: "La prima volta che sono uscito di casa, e parliamo quasi di 35 anni fa, fu proprio qui a Monza, 25-30 km di distanza. Fino a che sono tornato al Milan, per poi andare veramente fuori di casa, alla Lazio, era una passeggiata, era il ritrovarsi la sera con gli amici. Non ci fu questo distacco con la famiglia, vivevo ancora in casa con i miei. Quando andai alla Lazio ci fu lo stacco totale: Roma, città molto diversa da Milano, il distacco dagli amici... La crescita diventa obbligatoria, devi essere più indipendente nella vita privata, fondamentale poi per il percorso. L'esperienza fuori casa è qualcosa che ti fortifica: ho girato tanto, da calciatore prima e da allenatore poi. Se non ti metti nell'ottica di avere le valigie in mano allora non puoi fare questo mestiere al 100%".
Sezione: Primo Piano / Data: Mer 13 ottobre 2021 alle 15:25
Autore: Redazione Tuttomonza
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