Non siamo (forse) all'ora della verità, ma ci sono partite che hanno la facoltà di cambiare una stagione. Occorre seraficamente essere sé stessi, perché la redenzione passa attraverso l'esame più duro, ma la preparazione è generata dal solco della prudenza. Dove sta la verità lo può suggerire solo la partita secca. Due universi distanti ma paralleli, Empoli e Monza. Eccoli qua, uno contro l’altro a guardarsi sospettosi, sospinti dalla tensione che si ciba di ciò che resta nel panorama delle certezze, poi si evolve e sprigiona nuova energia trasformando il veleno nella scala delle ambizioni. Per salire ancora più in alto e percepire il clima effervescente che i ritagli della memoria trascinano al centro del palcoscenico, dove a dirigere le operazioni di comando ci sono Brocchi e Dionisi, pronti a sfruttare la vetrina nei panni di guide monolitiche determinate a gettare il cuore oltre l'ostacolo per osare e regalarsi un frammento di gloria nell'istante che separa il vuoto dalla luce della prospettiva più rosea. Provate ad immaginarli, davanti alle proprie panchine, sollecitati dalle pagine di manuale e mossi dalla produzione continua e massificata di stimoli audio-visivi per orientare con elettricità i comportamenti delle pedine in campo. Lontani ma vicini, densi del caldo desiderio di realizzazione.
PRINCIPI IN COMUNE. Entrambi a metà di quel ponte che spalanca le porte dell’orizzonte luminoso, terra fertile in cui il pallone brucia e l’antagonismo sferzante non si sottrae alle aspettative moltiplicate dai fuochi d’artificio capaci di connettere i due universi con l’obiettivo da raggiungere. La versione nostrana del tiki taka viaggia su ritmi elevati, consente di spostare gli avversari dal binario di percorrenza e arrugginisce le chiavi di consapevolezza facendo patire le convinzioni di chi crede d'aver in pugno la situazione. La fusione dell’unità risiede nella forza del collettivo, abile perfino a rimuovere le più piccole imprecisioni attraverso prestazioni stravaganti. I tratti distintivi predominanti? Palleggio ragionato in verticale, ampiezza della manovra, capovolgimenti di fronte, mantenimento corale delle posizioni, gestione elastica d’impostazione con la ricerca di corridoi segreti, corsa razionale in avanti con coperture preventive e trequarti estrosa improntata sull'imprevedibilità degli interpreti. Non giocano bene, di più. Chi ha il coraggio, a queste latitudini, di chiedere di meglio?
UNIVERSO IDILLIACO. Guai ad appiattirsi su sé stessi, si rischia di scivolare nella natura che ti fa smarrire in un vicolo cieco. Il potere di determinare le sorti del proprio cammino è esercitato dal vettore orientativo Dionisi, guida maestra che sollecita soluzioni e dibatte alternative nel tentativo di coordinare l'azione dell'universo Empoli. Pagano le scelte logiche e l'organizzazione del lavoro. Non esistono giornate futili, che volano via aspettando che il nulla evapori. S'impara ogni minuto qualcosa di nuovo per appropriarsi di sé stessi. La bolgia sono loro. Il rumore delle corazze e delle armi azzurre riempie gli stadi deserti di consistenza tecnica da far invidia ai maestri generatori di principi. Immergersi nell'idillio di Dionisi dev’essere proprio una bella sensazione. Quando tutti i tasselli del mosaico s’incastonano con precisione chirurgica al posto giusto, i colpi magistrali sono all’ordine del giorno e il disegno ricerca parabole brillanti, l’ispirazione alimenta l’assoluto. Il calcio chiama, l'Empoli risponde asserragliato dietro riconoscimenti unanimi: l'attacco più prolifico della categoria con 39 centri in 20 gare giocate (non perde da 15 partite in campionato) vuole farsi largo sulla corsia d'accelerazione, proprio nel confronto diretto che può dar vita ad impulsi inconsci capaci d'aggrapparsi al sogno di tracciare un solco rilevante tra sé e le concorrenti. Il futuro sarà ricco di nuovi giorni, ma pomeriggi come questi possono valere una incoronazione, lasciandosi alle spalle ogni forma di pregiudizio e ritrovarsi consacrati nel mondo incantato d’un calcio squilibrato che i cataloghi pandemici hanno ormai trasformato in realtà. L'indirizzo di destinazione è tracciato, c'è da raggiungerlo con insistenza. Guai a fallirlo.
Autore: Niccolò Anfosso / Twitter: @Nicanfo2000
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