Sarà perché, in fondo, la sfida è quella d’ondeggiare nell’incompiutezza di chi non ha ancora capito cosa vuol fare da grande. Di tempo ne è trascorso, ma ne resta ancora per riprendersi ciò che è andato perduto. Senza voltarsi e lanciare uno sguardo al proprio passato, anche se la stagione del Monza spinge a farlo, ripensando alla sequenza di rimpianti che s’alimentano giornata dopo giornata con energia rinnovabile, relegando i biancorossi nello stretto pertugio d’una giostra discontinua che si distende e s’aggroviglia, esalta e annoia, incanta e scricchiola, poi s’appanna quando sembra riuscire a dare il massimo. Che il Monza sia a metà strada tra l'essere e il voler essere lo certificano anche i numeri: sono 8 i punti nelle ultime 5 gare frutto di 5 vittorie e 5 pareggi, e l'ultima volta che i biancorossi hanno mandato in tilt l'applausometro casalingo è datata 30 dicembre (un'abbuffata in piena regola, 3-0 alla Salernitana), poi l’U Power Stadium s'è trasformato in tabù e il digiuno (3 pareggi e 1 ko) ha preso il sopravvento, rallentando le ambizioni nel tortuoso percorso verso il parcheggio promozione.
IL PRESENTE. Tornare protagonisti per riprendersi la scena e trasmettere solidi messaggi di battaglia alla concorrenza. Ora che bisogna incollare i cocci, cancellare ogni refolo di negatività, riflettere sugli errori per cercare di eliminarli e teorizzare il miglior antidoto per sbloccarsi in casa nel 2021, c’è il rischio che riuscirci richieda un impegno energetico rilevante. Il presente si chiama Pordenone, voltare pagina è il modo più efficace per fronteggiare le difficoltà, perché qualche crepa strutturale il Monza l’ha mostrata nel pareggio di Frosinone che ha mosso la classifica ma procrastinato la prova della maturità: distanze tra i reparti, un lieve calo fisico che ha sottratto brillantezza agonistica facendo perdere la lucidità nella gestione del vantaggio e l'aver quasi staccato la spina quando il serbatoio quotidiano sembrava essere in riserva. Ora servono testa fredda, cuore caldo e la pazienza di saper attendere per cogliere il momento giusto e ritrovare la strada maestra.
C’ERA UNA VOLTA. Piè veloce e raffinato per i colpi pilotati, trasformato in colpitore provetto. A gennaio lo volevano tutti, perché il Diaw di Pordenone era racchiuso in due fattori imprescindibili per una pedina di valore: l'incisività e la malleabilità. Sapeva fare tutto rivelandosi fondamentale tanto nella rifinitura quanto nella finalizzazione. Dov’è finito il giocatore che in 16 partite ha messo a segno 10 gol in veste di bomber opportunista? Da quando è sbarcato sul pianeta Monza Brocchi gli ha cambiato status dentro una natura più collaborativa nello sviluppo della manovra, rendendolo attivo nella fase di prima pressione per favorire la rapida riconquista. Ma segnare è il suo pane quotidiano e in 7 partite non ha ancora timbrato: chissà se vestire i panni dell’ex possa riportargli in dote lo smalto dei tempi migliori: "Sarà una lotta tosta - ha detto -, siamo pronti ad indossare l'elmetto". Aprendo le porte verso un nuovo inizio, per alleviare l'inevitabile pesantezza che l'ha avvolto nel digiuno.
Autore: Niccolò Anfosso / Twitter: @Nicanfo2000
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